La Catena della Solidarietà ha messo a disposizione 2 milioni di franchi dal suo fondo d’urgenza per lottare contro gli effetti a cascata del coronavirus nei paesi più fragili, dove le conseguenze delle crisi si rivelano drammatiche: moltissime persone hanno perso il lavoro, i progressi ottenuti nel campo della salute e dell’educazione vengono vanificati e le comunità sono esposte a un alto rischio di contagio. La Catena della Solidarietà ha perciò aperto una nuova raccolta fondi: da subito si può donare online su www.catena-della-solidarieta.ch o sul conto postale 10-15000-6, menzione «Coronavirus Internazionale».
Dopo aver vissuto lo straordinario slancio di solidarietà dimostrato dalla popolazione svizzera per la lotta contro gli effetti del coronavirus in Svizzera, la Catena della Solidarietà rivolge lo sguardo ora verso le popolazioni più fragili del pianeta. Poiché la solidarietà non si ferma alle frontiere, ma cerca di aiutare le persone che ne hanno più bisogno, ovunque esse si trovino.
La popolazione svizzera ha vissuto un periodo particolarmente difficile, e lentamente ritrova con sollievo una nuova normalità. In altre parti del mondo invece, le prospettive sono sempre più fosche: nei paesi più fragili, il coronavirus ha scatenato reazioni a catena, generando bisogni umanitari drammatici. Le condizioni sono ulteriormente peggiorate laddove catastrofi e povertà endemica avevano già stremato la popolazione. Non è un mistero: gli effetti della pandemia colpiscono principalmente le persone più vulnerabili e accentuano le disuguaglianze sociali.
Per citare qualche esempio, nella miseria del Mozambico devastato lo scorso anno da un ciclone, quella di Haiti distrutta da terremoti, cicloni e criminalità o in un campo di profughi Rohingya del Bangladesh, le persone vivono o sopravvivono giorno per giorno. A queste famiglie in situazioni precarie, le misure di confinamento hanno tolto la possibilità di provvedere alla loro sussistenza: quando si lavora a giornata, non ci sono reti che ammortizzano la caduta. Tranne una: l’aiuto umanitario.
Le ONG partner della Catena della Solidarietà si sono riorganizzate per sostenere la prevenzione e garantire l’accesso ai servizi essenziali. L’aiuto umanitario deve reinventarsi per evitare di diventare lui stesso un vettore della malattia, negli ospedali rurali ad esempio, e per raggiungere le popolazioni vulnerabili che il confinamento rende ancora più invisibili.
«Oltre alla fame, sempre in agguato, e al pericolo di contaminazione da COVID-19 nelle zone sovrappopolate, si rischia di vedere vanificati decenni di sforzi nel settore della salute e dello sviluppo», spiega Tasha Rumley, responsabile dei programmi umanitari della Catena della Solidarietà. «Per paura di un contagio in ospedale, le donne partoriscono da sole a casa, i genitori posticipano le vaccinazioni dei figli, i malati di tubercolosi o di HIV rinunciano alle terapie; sono innumerevoli i destini sconvolti dal coronavirus.»
La Catena della Solidarietà ha già messo a disposizione 2 milioni dei suoi fondi per provvedere ai bisogni più urgenti: campagne di prevenzione e preparazione dei campi profughi alla pandemia (Bangladesh, Tanzania), posa di stazioni di lavaggio delle mani (Yemen, Burkina Faso, Haiti, Myanmar) e consegna di materiale di protezione per il personale medico (Yemen, Haiti, Myanmar, Mozambico, Bangladesh, Tanzania). Grazie alle donazioni a favore della raccolta fondi «Coronavirus Internazionale», le ONG potranno fare un passo in più per proteggere le popolazioni dalla carestia. Le donazioni permetteranno anche di sostenere i servizi di salute nella lotta contro il COVID-19 e di garantire la continuità delle cure essenziali quali alimentazione, parto, vaccinazione e molte altre ancora. I fondi raccolti consentiranno altresì di reinventare i mezzi per assicurare l’educazione e la protezione soprattutto di donne e bambini, quando il confinamento isola le famiglie.
Le donazioni possono essere effettuate online su www.catena-della-solidarieta.ch o sul conto postale 10-15000-6, menzione «Coronavirus Internazionale».